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红楼梦评论对传统批评思维方法的超越【精品文档-doc】
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una storia evolutiva in comuneNel corso dei millenni, a partire dal Neolitico fino al miglioramento genetico ve-getale del ‘900, le specie animali e vegetali d’interesse agrario si sono evolute, al-lontanandosi dalle specie selvatiche originarie, nel solco di processi di domestica-zione e
di selezione
più o meno
consapevole. Dopo
decenni di ricerche
e studispesso multidisciplinari, i passaggi del rapporto co-evolutivo che lega l’uomo allespecie coltivate sono chiari e dettagliati, in particolare per i frumenti. In un arti-colo su Science (Heun et al., 1997) si giunge persino ad individuare ove la dome-sticazione del frumento avrebbe avuto inizio, a partire dal farro piccolo selvatico(Triticum monococcum subsp. boeoticum):
nella Turchia sud-orientale, in prossi-mità delle montagne del Karcadagˇ. La domesticazione è
un elemento centrale
della ‘Rivoluzione Neolitica’, un pas-saggio cruciale delle società umane che in diverse parti della terra domesticaronoindipendentemente una varietà di piante ed animali (Smith, 2001). Nel Mediter-raneo ed in Europa la diffusione delle pratiche agricole ha richiesto circa quattro-mila anni per diffondersi dalla Mezzaluna Fertile fino alle isole Britanniche, conuna velocità di
kilometro all’anno (Ammermann
Sforza, 1971).Ciò fa ritenere che tale innovazione sia stata trasmessa tramite la diffusione dellepopolazioni stesse, piuttosto che per imitazione culturale (Pinhasi et al., 2005). Traricerche e studi sulla Neolitizzazione, i materiali
dall’esposizione ‘Settemila annifa: il primo pane’, a cura del Museo Friulano di Storia Naturale (Pessina e Muscio,1999) possono essere d’aiuto, anche perché alcuni contributi si riferiscono esplici-tamente (Improta e Pessina, 1999) a siti neolitici presenti nell’attuale territorio re-gionale, precisando fasi e tempi del processo nell’arco alpino meridionale.Il presente contributo non
ambisce ad approfondire tali
questioni, cruciali nellastoria dell’uomo. Tuttavia rispetto a quanto in esame, ritiene utile iniziare sottoli-neando una questione strategica: la riduzione nella diversità delle specie coltivatea fini alimentari e non alimentari. Attraverso i millenni infatti, una serie molto lun-ga di specie utilizzate dall’uomo (Harlan, 1992) si è largamente modificata e sem-plificata. Oggi la copertura delle esigenze agroalimentari globali è affidata a pocopiù di trenta specie vegetali (tabella 1), raccolte stagione dopo stagione. Se ciò èinevitabile nell’ambito di un progressivo affinamento delle agrotecniche e soprat-DI CHI SONO I SEMI DELLE PIANTE COLTIVATE?SISTEMI, POLITICHE E DIRITTI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE GENETICHE VEGETALIFabiano Miceli
tutto delle esigenze commerciali globali, segnala altresì una criticità, rispetto a mu-tamenti del clima in molte aree agricole sul Pianeta, rispetto ai quali sarebbe benedisporre di una gamma di specie coltivate più ampia possibile.Fabiano Miceli60Tab. 1. Le più importanti specie
piante coltivate, in relazione
accessioni
pertaxon, alla resa assoluta ed alla percentuale di tutte
accessioni
conservate nelle banche delgermoplasma (da Hammer, 2003 - modificato). Per una definizione di accessione, vedi pag. ….Taxa Accessioni (1) Massa
% (3)conservate edibile (2)nel mondoFrumento Triticum spp. 784.500 468 23,4Orzo Hordeum vulgare L. s.l. 485.000 160 8,0Riso Oryza spp. 420.500 330 16,5Mais Zea mays L. 277.000 429 21,5Fagiolo Phaseolus spp. 268.500 14 0,7Soia Glycine max (L.) Merr. 174.500 88 4,4Sorgo Sorghum spp. 168.500 60 3,0Brassica Brassica spp. 109.000 22 1,1Vigna Vigna spp. 85.500 --Arachide Arachis hypogaea L. 81.000 13 0,65Pomodoro Lycopersicon esculentum Mill. 78.000 33 0,16Cece Cicer arietinum 67.500 --Cotone (seme) Gossypium spp. 49.000 48 0,24Patata dolce Ipomoea batatas (L.) Lam. 32.000 35 1,75Patata Solanum tuberosum L. 31.000 54 2,7Fava Vicia faba L. 29.500 --Cassava Manihot esculenta Crantz 28.000 41 2,1Albero della gomma Ficus elastica Roxb. 27.500 --Lenticchia Lens culinaris Medik. 26.000 --Aglio Allium spp 25.000 26 0,13Barbabietola da zucchero Beta vulgaris L. 24.000 34 1,7Palma (olio) Elaeis guineensis Jacq. 21.000 --Caffè Coffea spp. 21.000 --Canna da zucchero Saccharum officinarum L. 19.000 67 3,3Igname Dioscorea spp. 11.500 63 0,31Banana Musa spp. 10.500 11 0,55Tabacco Nicotiana tabacum L. 9.705 --Cacao Theobroma cacao L. 9.500 --Taro Colocasia esculenta L. 6.000 --Cocco Cocos nucifera L. 1.000 53 0,26Avena Avena spp. - 43 2,2Segale Secale cereale L. - 29 1,45Miglio Panicum miliacearum L. -
26 1,3Pisello Pisum sativum L. -
12 0,60(1) Secondo quanto riportato in FAO (1996).(2) Massa edibile secca, in milioni di tonnellate, secondo Harlan (1998).(3) Secondo Harlan (1998).
Diversità biologica e risorse
agrarie? osservazione scontata il fatto che le varie attività agro-forestali dipendano diret-tamente dalla
diversità
biologica: anche all’interno
sistemi agricoli e
forestaliuna elevata diversità biologica significa ricchezza di relazioni, quindi una miglioreresilienza degli stessi, caratteristica che denota la capacità di ristabilire lo stato ori-ginario del sistema a seguito di un evento perturbante. L’agronomo è cosciente delfatto che all’interno di un agroecosistema la semplificazione del numero di speciesi accompagna ad un certo rischio, quindi che le rese possono spesso risultare, pereffetto di uno o più eventi negativi, insoddisfacenti o scarse.Il termine biodiversità, coniato nel 1985 dall’entomologo Premio Nobel E.O. Wil-son, ha avuto un successo ampio se non addirittura eccessivo. Per questo è sem-pre opportuno associare al termine biodiversità l’indicazione della scala al qualel’autore intende riferirsi: alle differenze tra ecosistemi, oppure tra specie presentientro gli ecosistemi ovvero ancora alla diversità entro le specie. Gli agronomi ed igenetisti
il termine
risorse genetiche
agrarie per
fare riferimento
aquella parte di diversità biologica che è sfruttata dall’uomo negli agro-ecosistemi(Negri e
Veronesi, 2000).
dettaglio, le
risorse genetiche vegetali
per l’ali-mentazione e
l’agricoltura
(o PGRFA, acronimo
Genetic Resources
forFood and Agriculture), formano un gruppo distinto, comprendendo le specie col-tivate ed anche i loro progenitori selvatici. Esse
includono quindi tutte le specieche direttamente o indirettamente forniscono alimenti per l’uomo e gli animali do-mestici, farmaci, fibre tessili, ricovero, energia ed altri usi (Hammer et al., 1999).I processi di industrializzazione nell’agricoltura, avvenuti in Europa a partire dalsecondo dopoguerra, si sono accompagnati ad una elevata specializzazione e stan-dardizzazione delle tecniche agrarie, le quali a cascata hanno causato una drasticariduzione nella diversità in specie, varietà e razze coltivate ed allevate. Questo fe-nomeno è definito erosione genetica, ovvero <<riduzione permanente nel numero,nell’uniformità e nella distinguibilità di alleli o combinazioni di alleli, d’importan-za effettiva o
potenziale, in
un’area geografica
definita>> (Guarino,
1999). Qualeesempio, oltre 400 varietà di frumento erano in coltivazione negli anni ‘40 in Ita-lia, delle quali solo l’1-2% sono in coltura attualmente: l’erosione genetica per ilfrumento viene stimato pari ad almeno il 90%. (Perrino, 1992). Va evidenziato cheerosione genetica si è certamente verificata negli
ultimi 35-40 anni in habitat ca-ratterizzati da marcata industrializzazione agraria, come per larga parte dei siste-mi colturali di pianura in Europa. Tuttavia ciò è vero anche nelle condizioni op-poste, come in molti comprensori alto-collinari e montani ove,
scomparsa l’agri-coltura e la zootecnia minori, con esse si sono perdute nicchie produttive occupa-te dalle varietà (e razze animali) tradizionali o landraces. L’erosione genetica nellespecie arboree sembra
più facilmente contrastabile
rispetto alle
colture erbacee,61Di chi sono i semi delle piante coltivate?
per l’intrinseca longevità degli individui che ne facilita la conservazione, tuttaviaanche gli alberi da frutto si ammalano e muoiono. Un elemento che favorisce la conservazione del germoplasma tradizionale è l’iso-lamento, che può essere geografico, ma anche non geografico ovvero culturale. Laconservazione delle varietà in piccole o grandi isole del Mediterraneo, gli usi di mi-noranze etnico-linguistiche fortemente legate alle tradizioni (Hammer et al., 2007),la coltivazione ed utilizzazione di biotipi relitti a sostegno dell’identità locale, il con-sumo rituale di piatti preparati con particolari varietà locali, gli impieghi terapeuticitramandati nell’ambito di ristretti gruppi sono tutti argomenti affrontati in un recen-te convegno dedicato all’impatto dell’isolamento geografico e non geografico sullaconservazione ed evoluzione delle varietà tradizionali (Bullitta, 2007). Sul piano cul-turale, la stessa consapevolezza dell’esistenza di specie minori e delle loro utilizzazio-ni è quasi del tutto perduta. Chiediamo a un bambino che vive in città quanti frutticonosca, ne citerà meno di dieci: mela, pera, ciliegia, prugna, albicocca, pesca, bana-na, uva e se particolarmente creativo, kiwi. Molti ragazzini hanno assaggiato fruttaesotica quali papaya, mango e litchi perché i genitori li hanno comprati al supermer-cato, ma non hanno conoscenza del melograno o del corbezzolo, per non parlare del-la marmellata di mele cotogne o anche solo delle more di gelso. Fabiano Miceli62Fig. 1. Semente di varietà locali di fagiolo rampicante recuperate nell’autunno del 2000 da Ne-reo Peresson ed ancora coltivate in Carnia.
Conservare le risorse genetiche vegetali negli Orti botanici o nelle ‘Banche del ger-moplasma’ (Genebanks) è una strategia praticata da tempo e definita ex situ. Lastessa si basa infatti su strutture di conservazione collocate ben al di fuori dell’am-biente di coltivazione, spesso anche a migliaia di chilometri di distanza. Fu il botani-co e genetista russo Nicholas I. Vavilov, direttore dell’Istituto per le Colture Indu-striali di Leningrado, che per primo negli anni ‘20 individuò il rischio di erosione ge-netica nelle piante coltivate e propose una soluzione. La storia di questo precursore,delle sue missioni internazionali alla raccolta di campioni della diversità genetica perle colture e della sua fine in un Gulag staliniano meriterebbe, se non un’opera cine-matografica, certamente maggiore notorietà. Fu poi il figlio di un agronomo ameri-cano già in contatto con Vavilov, Jack Harlan, che sostenne la ricerca sui temi delladomesticazione e dell’evoluzione delle piante coltivate, diffondendo nel contempo leidee di Vavilov in campo occidentale. Il secondo convegno in suo onore si terrà in Ca-lifornia nel decennale della sua scomparsa; una sua breve biografia si trova all’indi-rizzo: http://harlanii.ucdavis.edu/harlan_files/harlan.pdf Le pratiche di conservazione ex situ nelle specie agrarie si estesero tra gli anni ‘50e ‘70, tanto che oggi esistono oltre 8000 collezioni censite di germoplasma vegeta-le nel mondo. Una seconda strategia, di più recente descrizione, è definita in situ63Di chi sono i semi delle piante coltivate?Fig. 2. Ingresso della Banca del Germoplasma ungherese a Tapioszele.
(Altieri e Merrick, 1987; Brush, 1999) eviene
spesso associata
monito-raggio ed
protezione di
ecosisteminaturali. Essa si propone di conservaremateriali
mediante loro
utiliz-zazione nei
ove questi si
sonoevoluti ed adattati. Molti Paesi del Suddel
sono particolarmente
inte-ressati a tali modalità di conservazione,poiché ricchi di biodiversità ed in parti-colare
specie della
spontanea,tradizionalmente
utilizzate.
con-tempo, sono i più esposti ad appropria-zione di
interessanti da
partedi ‘partners’ forti sul piano tecnologico,fino a veri e propri fenomeni di ‘bio-pi-rateria’ ovvero raccolta, screening, sfrut-tamento e registrazione commerciale dirisorse genetiche da soggetti non appar-tenenti
verosimilmentenon
autorizzati
dalle comunità
indige-ne. Le modalità di conservazione in situdelle specie d’interesse agrario consen-tono il mantenimento dei processi evo-lutivi e, come vedremo più oltre, facili-tano la tutela dei diritti delle comunitàlocali. Da ultimo si considera una terzastrategia, definita on farm, che si riferisce alla tutela ed al monitoraggio di interiagro-ecosistemi. In tali condizioni, la diversità delle piante coltivate è sempre sog-getta a cambiamenti ed adattamenti evolutivi (Brown, 1999), mentre le collezioniex situ escludono, per quanto effettivamente possibile, la deriva genetica ed altrifenomeni evolutivi nel corso delle operazioni di ‘ringiovanimento’ delle collezionistesse,
le risemine
non appena
germinabilità
sementiscende al di sotto di una certa soglia.L’approccio ex situ risulta tuttavia ancor oggi preferito per quanto attiene alla fa-cilità di reperire i materiali da parte degli utenti (altre banche del germoplasma, ri-cercatori e genetisti vegetali, breeders pubblici o privati). Ottenere semente di ma-teriali conservati ex situ risulta relativamente facile scrivendo ad una istituzione aciò preposta, magari dopo aver consultato il suo sito internet e la lista delle acces-sioni (campioni univocamente individuati
da un numero
e dotati di
appropriatenote descrittive, ‘descrittori’), piuttosto che contattare gli agricoltori di una remo-Fabiano Miceli64Fig. 3. Tecnici italiani ed ungheresi presso unaparcella con materiali di sorgo (Sorghum vul-gare L.) a Tapioszele nell’agosto 2004.
ta località che ancora coltivano alcune varietà tradizionali della specie d’interesse.Anche nei Paesi
avanzati è
comunque possibile ancora
reperire agro-ecotipi
au-toctoni, laddove sono ancora presenti forme di agricoltura minore (Pe?a-Chocar-ro, 1996) ovvero anche in orti e giardini, gestiti per auto-consumo da persone le-gate alle tradizioni, spesso
il rischio di perdere tali materiali nel corso diuna generazione è oggi particolarmente elevato (Negri, citato in Rosenthal, 2007). Di fatto, è stato osservato come metodi efficaci di conservazione della biodiver-sità possono essere diversi quando consideriamo i diversi segmenti, ovvero nonsolo specie coltivate, ma anche loro progenitori selvatici, piante spontanee ed in-festanti. In alcuni casi una combinazione delle differenti strategie rappresenta ilsistema più efficace. Il rapido procedere dell’erosione genetica richiede comun-que uno sforzo ulteriore di chiarezza sulle strategie future (Hammer et al., 1999;Hammer, 2003).Risorse genetiche
vegetali: politiche
ed accordi internazionaliA livello globale, numerosi centri nazionali e internazionali gestiscono risorse ge-netiche vegetali e colle essi costituiscono un sistema coordi-nato che
favorisce l’esplorazione,
la raccolta,
la valutazione
agronomica, la
con-servazione e la distribuzione del germoplasma. Nel corso degli ultimi trent’anni ta-li istituzioni sono state attraversate da momenti di acuto dibattito e confronto, daalcuni definiti ‘guerre dei semi’, rispetto al problema strategico del controllo e del-la gestione delle PGRFA.Il Consultative Group for International Agricultural Research, www.cgiar.org con-sta attualmente di una rete di quindici Centri, finanziati dalla Banca Mondiale, daaltre istituzioni internazionali e da governi di Paesi industrializzati. Diversi tra que-sti Centri
conservano la maggior quota
di risorse
genetiche agrarie
del mondo.Quest’insieme di attività è coordinata dall’unico Centro che ha sede in Italia, Bio-versity International (in precedenza IPGRI, International Plant Genetic ResourcesInstitute). Il loro portale è ricco di informazioni tecniche e merita quindi una con-sultazione: www.bioversityinternational.org. Come
organizzazioni
internazionali
FAO,Convenzione per la Diversità Biologica) sono da tempo impegnate nella tutela evalorizzazione delle risorse genetiche, nella protezione della biodiversità in agri-coltura, nel gestire le questioni delle innovazioni biotecnologiche ed i diritti dellaproprietà intellettuale. Già a partire dal 1983 la FAO iniziò a porre attenzione al-le PGRFA ed alla peculiare natura della biodioversità agricola, meritevole di con-siderazione e di soluzioni specifiche. Venne creato uno specifico Ufficio FAO conil compito di registrare tutte le collezioni ex situ di
attualmen-65Di chi sono i semi delle piante coltivate?
te tra Genebanks, Orti e Giardini Botanici, esiste una base di dati con oltre 8000strutture che
conservano germoplasma
L’Istituto
di Genetica Vegetaledel CNR, fondato nel 1974, è la struttura scientifica di riferimento in Italia. Neglianni successivi, la FAO promosse la costituzione del cosiddetto Global System forthe Conservation and Sustainable
Utilization of Plant
Genetic Resources for Foodand Agriculture, i cui obiettivi (già evidenti nel titolo) erano assicurare la conser-vazione e promuovere la disponibilità e l’utilizzazione sostenibile delle risorse ge-netiche vegetali
presenti e future
generazioni, nonché fornire un
quadroflessibile
riferimento
suddivisione
responsabilità(Bragdon et al., 2005).Nel campo opposto, per così dire, ovvero tra soggetti attenti alla tutela dei dirittidei costitutori vegetali, tre distinte organizzazioni promossero nel 1961 una Con-venzione
Internazionale
la Protezione
delle Varietà Vegetali (UPOV).
L’U-POV è una organizzazione intergovernativa con sede a Ginevra, fondata in occa-sione della Convenzione Internazionale di Parigi per la protezione delle nuove va-rietà di piante. Entrata in vigore nel 1968, è stata oggetto di tre revisioni, l’ultimadelle quali nel 1991, in vigore dal 1998. La recente crescita delle innovazioni con-nesse alle biotecnologie
vegetali, con
conseguente
possibilità di copertura
dellenovità mediante brevetti, portarono appunto alla revisione delle norme nel 1991.UPOV incoraggia l’adozione di norme sui generis per la protezione delle nuove va-rietà vegetali, mediante la creazione di un suo specifico sistema di tutela, al di fuo-ri delle norme che tutelano i brevetti. Con l’applicazione delle moderne biotecnologie ai materiali biologici, le nuove op-portunità
economiche
crescita tumultuosa
dell’industria
biotecnologica,
lequestioni connesse in generale ai diritti di proprietà intellettuale (Intellectual Pro-perty Rights, IPRs) hanno guadagnato notevole evidenza internazionale. Vi è stataquindi la forte tendenza a irrobustire i diritti dei costitutori vegetali (Plant Bree-ders’ Rights), anche attraverso strumenti di norma non utilizzati in ambito semen-tiero, quali i brevetti. Operando in un contesto sempre più globale, molti soggettiprivati, organizzazioni governative ed intergovernative si sono spesi per un’armo-nizzazione degli IPRs. L’accordo TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), un risul-tato dell’Uruguay Round negoziato tra il 1986 ed il ‘94, copre il vasto settore deidiritti d’autore
(copyright,
marchi registrati,
indicazioni
geografiche, disegni
in-dustriali, brevetti,
In precedenza,
le questioni
della proprietà
intellettualeerano politiche di ambito nazionale, da adattare al livello di sviluppo ed alla tec-nologia di un Paese, non quindi materia di politiche del commercio. Molte criti-che si sono appuntate su tale accordo, in particolare da organizzazioni non gover-native e Paesi poveri. Tramite TRIPS l’Organizzazione Mondiale del Commerciosi è attribuita il ruolo di regolatore mondiale dei sistemi di protezione della pro-Fabiano Miceli66
prietà intellettuale. I principali beneficiari dell’implementazione del TRIPS sono icentri di ricerca dei Paesi industrializzati, che così vedono garantita in ogni partedel mondo i profitti degli investimenti effettuati, in questo entrando in
conflittocon quanto stabilito dalla Convenzione per la Diversità Biologica (CDB), ovveroil principio della sovranità degli Stati e dei popoli sulle proprie risorse biologiche.Al termine di dibattiti nella seconda metà degli anni ‘80, la Convenzione per la Di-versità Biologica siglata a Rio de Janeiro nel 1992 ed entrata in vigore l’anno suc-cessivo, ha assunto un valore quasi universale in quanto ratificata da 188 Parti. Isuoi obiettivi sono la conservazione, l’uso sostenibile e la equa condivisione dei be-nefici della biodiversità in generale. Per quanto attiene in particolare le PGRFA,la CDB punta alle strategie di conservazione in situ, fissa il concetto della sovra-nità nazionale e dell’accesso alle risorse genetiche vegetali sulla base di normativenazionali, introducendo in pratica un sistema bilaterale che però ha complicato so-stanzialmente la vita ad operatori e breeders, restringendo di fatto l’accesso e l’ uti-lizzazione delle PGRFA.La Banca Mondiale ha recentemente commissionato uno studio volto ad analizza-re l’impatto di un rafforzamento del sistema degli IPRs (brevetti, sistemi basati suidiritti dei costitutori vegetali e marchi di tutela) sui Paesi in via di sviluppo ed illoro sistema sementiero (Louwaars et al., 2005). Basato sui cinque Paesi che fun-gono da casi di studio (Cina, Colombia, India, Kenya ed Uganda) lo studio sotto-linea come il più diffuso sistema di tutela delle varietà vegetali, basato appunto sul-la Convezione UPOV, sia in realtà più facile da implementare in grandi Paesi, do-tati di un mercato delle sementi di dimensioni tali da giustificare gli investimentinecessari per la tutela delle varietà vegetali. Viceversa, per piccoli mercati e varietàlocali o di nicchia tali approcci sono poco praticabili. Per quanto attiene alle que-stioni che qui maggiormente ci interessano, ovvero il rapporto tra sistemi IPRs epiccoli agricoltori-utilizzatori di sementi, lo studio sottolinea come il sistema ba-sato sulle varietà tradizionali o dell’agricoltore (landraces) rappresenti la fonteprincipale di sementi ma anche di novità vegetali, per la maggior parte delle col-ture nei Paesi allo studio. Ancora, in tale contesto, l’ipotesi di rendere più strin-gente la tutela dei diritti di proprietà intellettuale (IPRs) metterebbe a rischio isistemi tradizionali, per effetto di inevitabili restrizioni alla conservazione, alloscambio ed alla vendita di sementi, anche nelle varietà commerciali. In uno sce-nario di rapida espansione del mercato sementiero in Paesi ad economia in ra-pida trasformazione come in India e in Cina, lo studio osserva come sistemi IPRspotrebbero contrastare il commercio illegale delle sementi, ma nel contempo re-strizioni applicate a piccole imprese ed operatori semi-commerciali potrebberomettere a rischio le forniture di sementi per alcune varietà locali ed anche il bree-ding e la fornitura di seme di varietà di nicchia da parte di piccole aziende semen-tiere.67Di chi sono i semi delle piante coltivate?
I diritti degli agricoltori ed il Trattato
Internazionale FAO Il concetto dei diritti degli
agricoltori (Farmers’ Rights), presente nei dibattiti inambito FAO nel corso degli anni ‘80, fu dapprima introdotto in un accordo inter-nazionale volontario e non vincolante del 1989 poco oltre ricordato, mentre per lasua completa implementazione si dovrà ricorrere all’art. 9 del Trattato Internazio-nale
l’Alimentazione
l’Agricoltura(IT/PGRFA). In sostanza, era stata riconosciuta da tempo una asimmetria impor-tante nella distribuzione dei benefici tra gli agricoltori tradizionali, che per secolihanno conservato
migliorato i materiali
poi utilizzati dai
e iproduttori di varietà commerciali, costituite anche a partire da tale germoplasmaconservato e trasmesso dagli agricoltori. Il concetto di base è che mentre una varietà commerciale può generare un benefi-cio economico al costitutore (sulla base dei Plant Breeders’ Rights), nessun sistemadi compensazione
o incentivi
del germoplasma
apunto. Il concetto dei diritti degli agricoltori fu introdotto dalla Risoluzione FAO4/89 ed ulteriormente definito dalla Risoluzione FAO 5/89. In sintesi, l’obiettivoè di consentire agli agricoltori, alle loro comunità ed ai Paesi in tutto il mondo dipartecipare pienamente ai
benefici presenti
derivanti dalle utilizzazionidelle risorse genetiche, attraverso il miglioramento genetico ed altri metodi scien-tifici (Correa, 2000). All’inizio del presente decennio fu raggiunto un accordo globale per una normagiuridicamente
vincolante
Trattato Internazionale
RisorseGenetiche Vegetali per l’Alimentazione e l’Agricoltura (IT/PGRFA, 35 articoli di-visi in 7 parti), approvato con 2 soli astenuti alla Conferenza FAO del 3 novembre2001, entrò in vigore il 29 giugno 2004. L’adozione del Trattato concluse anni dinegoziati a partire dalla Conferenza FAO del 1993, nel corso della quale la Com-missione sulle PGRFA ricevette il mandato di istruire la revisione dell’Internatio-nal Undertaking on Plant Genetic Resources, al fine di renderlo aderente alla Con-venzione per la Diversità Biologica. Il precedente accordo del 1989 era infatti ba-sato sul principio che le risorse genetiche vegetali fossero <<patrimonio dell’uma-nità e di conseguenza disponibili senza restrizioni>>. Il generale consenso interna-zionale raggiunto sull’International Undertaking non evitò infatti ad alcuni Paesi,dotati di una robusta industria delle sementi (Australia, Canada e USA) di affer-mare che fosse impossibile sostenerlo in toto o in parte, in quanto non compatibi-le con i diritti dei costitutori vegetali. Che cosa prevede dunque il Trattato FAO? Premesso che la conservazione e l’usosostenibile delle risorse genetiche vegetali rappresentano la base per la sostenibi-lità dell’agricoltura e la sicurezza alimentare, nel Trattato si prendono misure al fi-ne di tutelare i diritti degli agricoltori rispetto all’accesso ed all’uso delle sementi.Fabiano Miceli68
Per generazioni e generazioni, gli agricoltori nel mondo hanno infatti potuto uti-lizzare liberamente migliaia di taxa, attraverso parte dei quali sono state ottenutele grandi colture che oggi coprono le esigenze alimentari sul Pianeta. Dunque, ilfuturo sviluppo dell’agricoltura e la stessa sicurezza alimentare globale, nel sensodi food security, è legata al mantenimento di un accesso facile ed economico alle ri-sorse genetiche da parte di agricoltori e miglioratori vegetali. Accesso che, oltre lapossibilità di ottenere i materiali vegetali conservati ex situ e/o in situ, comprendealtresì l’accesso alle informazioni, alle risorse tecniche e finanziarie ed alla capacitàdi utilizzare completamente tali risorse (Moore e Tymowski, 2005). Il Trattato assicura la continuazione di questo flusso, così essenziale all’agricoltu-ra ed alla sicurezza alimentare, organizzando un sistema multilaterale per l’acces-so facilitato e condivisione dei benefici, per le specie vegetali di maggiore rilevan-za per la sicurezza alimentare e rispetto alle quali si registra la maggiore interdi-pendenza tra le diverse nazioni del mondo.
Le regioni ed
i paesi del
mondo di-pendono in parte più o meno significativa da altre regioni o paesi per quanto at-tiene alle PGRFA. In uno studio abbastanza recente (Flores Palacio, 1998) si giun-ge a concludere che tutte le regioni del mondo sono interdipendenti, per almenoil 50%, rispetto alle risorse genetiche delle maggiori colture. Ad esempio in Euro-pa occidentale si osserva un grado d’interdipendenza, compreso tra il 54-69% del-la Grecia ed il 91-99% della Norvegia. Una
possibile conclusione per l’Italia…L’Italia ha ratificato il Trattato con la legge n. 101 del 2004, con la quale si stabili-sce che la maggior parte delle misure sia responsabilità diretta delle regioni e pro-vince autonome, che ogni anno sono tenute a riferire delle attività realizzate. Pur-troppo sono molto poche le regioni che sino ad ora hanno implementato misureconcrete secondo il dettato della 101/2004. L’Italia comunque fa parte dell’Orga-no Direttivo che si esprime sulle scelte legate alla costruzione del sistema multila-terale di accesso
delle risorse
genetiche, ossia sul ‘cuore’ del
Trattatostesso.Nel nostro Paese la coltivazione e l’utilizzazione di varietà tradizionali è spesso ci-tata all’interno di proposte
e percorsi di valorizzazione dell’agricoltura, del turi-smo e delle tipicità
di un territorio. Questo aspetto è tuttavia
altrettanto impor-tante e significativo, in quanto sistema
di conservazione in situ e di riappropria-zione di risorse genetiche da parte delle comunità locali. Va da sé che ciò presup-pone prioritariamente il reperimento delle specifiche sementi, un fatto non sem-pre scontato né agevole. Sementi delle vecchie varietà non sono infatti disponibilisul mercato, ma in genere si ottengono con scambi informali tra agricoltori ovve-69Di chi sono i semi delle piante coltivate?
ro, ma solo per pochi grammi, presso strutture di conservazione del germoplasma.In Italia come in Europa la produzione, la commercializzazione delle sementi e lagestione delle relative novità vegetali sono attività economiche regolate da una cor-posa serie di norme, rispetto alle quali non è il caso di entrare in dettaglio. Il let-tore eventualmente interessato all’argomento può fare riferimento al sito della As-sociazione Italiana Sementi (AIS):
www.sementi.it/normative/normative_ita.htm.Per tutelare le proprie novità, i costitutori vegetali che operano in Italia hanno duealternative: la tutela solo per l’Italia, con la protezione nazionale per le nuove va-rietà vegetali, attraverso il Decreto Legislativo n. 30/2005, ovvero la tutela per tut-to il territorio della Comunità Europea, con il regime comunitario di privativa peri ritrovati vegetali, come da Reg. (CE) 2100/94.D’altro canto, il fatto di poter riutilizzare nella propria azienda semente riprodot-ta di varietà tutelate rientra tra le
pratiche consentite all’interno
delle norme vi-genti (è il cosiddetto ‘privilegio dell’agricoltore’), mentre
la cessione della
stessasemente anche a titolo gratuito non è consentita. ? soprattutto per questo che l’industria sementiera predilige lavorare con specievegetali delle quali sia possibile produrre varietà ibride (ibridi F1), come ad esem-Fabiano Miceli70Fig. 4. Accessioni di fagiolo rampicante, conservate presso la Banca del Germoplasma Autoc-tono Vegetale (BaGAV) dell’Università di Udine ed esposte ad una manifestazione specializza-ta nel 2007.
pio mais, girasole, pomodoro, altre orticole. L’agricoltore è così obbligato a com-prare la semente ibrida ogni anno, senza poter utilizzare granella riprodotta per-ché per un effetto mendeliano classico la coltura che ne deriverebbe sarebbe lar-gamente disforme. Seguendo
dall’ AIS,
la revisione
1991 della
ConvenzioneUPOV vi è la facoltà per i Paesi aderenti di riconoscere il privilegio dell’agricolto-re. Anche la normativa
comunitaria (Reg. 2100/94) riconosce tale privilegio, masolo per determinate specie (frumenti, riso, patata, colza ecc.). Un aspetto che ap-pare di dubbia applicabilità è rappresentato dal fatto che gli agricoltori che si av-valessero del privilegio, reimpiegando seme aziendale di varietà tutelate, sono te-nuti a pagare al costitutore un’equa remunerazione, sia pure inferiore all’importodi norma richiesto. L’acquisto di sementi commerciali – strategico negli itinerari tecnici dell’agricoltu-ra industriale – garantisce l’agricoltore sul loro valore agronomico (germinabilitàsuperiore ad una soglia minima, assenza di fitopatie, ecc.) nonché sulla loro iden-tità. Per commercializzarne la semente le nuove varietà vegetali vanno infatti pre-ventivamente iscritte ad apposito Registro, dopo verifiche sul campo basate su cri-teri di distinguibilità, uniformità e valore agronomico delle stesse. Tale processo inItalia è sorvegliato
dal Ministero
delle Politiche
Agricole, Alimentari
e Forestali(MiPAAF) attraverso l’Ente Nazionale delle Sementi Elette (ENSE). Il punto che qui interessa è che le varietà locali, spesso definite varietà da conser-vazione e concreta espressione della biodiversità agricola, non possono ancora es-sere iscritte al Registro nazionale, previsto da una recente norma nazionale (legge6 aprile 2007, n. 46) ma non ancora effettivamente istituito. Ciò comporta proble-mi per gli agricoltori interessati a reintrodurre una varietà tradizionale su adegua-te superfici,
che non dispongano
della relativa semente.
Nonostante fiumi
d’in-chiostro e lunghi dibattiti in fora internazionali negli ultimi quindici anni, risulta-ti concreti nella promozione della conservazione in situ delle PGRFA si possonodefinire ancora modesti per il nostro Paese. A partire dal 1997, con la Legge regionale n. 50, la Regione Toscana ha aperto lastrada ad altre norme simili
regioni italiane
(tabella 2).
cre-scente di varietà tradizionali ancora presenti sul nostro territorio è stato così indi-viduato, spesso recuperato in strutture dedicate, a scala regionale e quindi, verifi-cate alcune condizioni, inserito in appositi Registri regionali. Quale esempio, le ac-cessioni presenti nella Banca del germoplasma autoctono vegetale della RegioneFriuli Venezia Giulia (BaGAV) sono riportate (tabella 3). Le sementi di varietà lo-cali, dopo essere state inserite in Registri regionali dovrebbero poter essere cedu-te, sia pure in modiche quantità e con
diffusione locale, per favorirne la coltiva-zione. La situazione normativa a livello nazionale è comunque in evoluzione, an-corché le conseguenze non siano ancora chiare. In particolare, con la recente leg-71Di chi sono i semi delle piante coltivate?
ge n. 46/2007 è prevista la creazione di una specifica sezione del Registro Nazio-nale delle varietà, ove è possibile iscrivere, sia pure con adeguate procedure, le co-siddette ‘varietà da conservazione’ ossia le varietà tradizionali o dell’agricoltore. Almomento di stendere questo contributo, il MiPAAF non ha proceduto alla stesu-ra del regolamento di questa legge, per cui la sua applicazione è ancora sospesa. Un lungo dibattito, non privo di asprezze e contrapposizioni, continua dunque adessere alimentato in Italia, in Europa e nel mondo sui temi qui appena accennati.Esso vede spesso su
fronti contrapposti interessi
economici ed aspetti ideali,
in-novazione e tradizione, industrie sementiere biotech e reti di semi rurali, organiz-zazioni non
governative e lobbies economiche. Tutto ciò
verifica in un’epocasempre più segnata dalla globalizzazione dei mercati, non solo delle commoditieso delle specialties agricole – il cui mercato è globale da tempo – ma
anche delleproduzioni ortofrutticole, com’è evidente quando leggiamo l’origine della frutta albanco del supermercato. L’agricoltura, una novità relativamente recente nella sto-ria dell’uomo, è ancora oggi chiamata a fornire cibo ed a gestire risorse naturali,rispetto ad una popolazione di 6,7 miliardi di persone sul pianeta. Una tale sfidanon può prescindere dalla mobilitazione di tutte le risorse e le competenze dispo-nibili, nei Paesi avanzati, nelle economie in rapida transizione e nei tanti Paesi delsud del mondo. Oggi questa sfida si confronta con un pianeta il cui clima è in cambiamento: i se-Fabiano Miceli72Tab. 2. Normative regionali sulle risorse genetiche vegetali.Emilia Romagna L.R. 22 gennaio 2008 - Tutela del patrimonio di razze e varietà locali diinteresse agrario del territorio emiliano-romagnoloMarche L.R. 3 giugno 2003, n. 12 - Tutela delle risorse genetiche animali e ve-getali del territorio marchigianoFriuli Venezia Giulia
2002, n. 11 - Tutela delle risorse genetiche autoctone diinteresse agrario e forestale Umbria L.R. 4 settembre 2001, n. 25 - Tutela delle risorse genetiche autoctonedi interesse agrario
Trentino Alto Adige
Legge provinciale 22 gennaio 2001, n. 1 - Contrassegnazione prodotti(Prov. Bolzano)
geneticamente non modificati (art. 8 - Banca genetica dell’Alto Adige) Lazio L.R. 1 marzo 2000, n. 15 - Tutela delle risorse genetiche autoctone di in-teresse agrarioMolise L.R. 23 febbraio 1999, n. 9 - Norme per la tutela della flora in via d’e-stinzione e di quella autoctona ed incentivi alla coltivazione delle piantedel sottobosco ed officinali
Toscana L.R. 16 luglio 1997, n. 50 - Tutela delle risorse genetiche autoctoneAbruzzo L.R. 9 aprile 1997, n. 35 - Tutela della biodiversità vegetale e della ge-stione dei giardini ed orti botanici
travisabili ma
conseguenze sono
largamenteignote. La diversità e la
corretta gestione
delle risorse
genetiche agrarie
sonoquindi ancora più strategiche, nella misura in cui permettono di recuperare ma-teriali genetici adattati a
condizioni ecologiche
diversificate.
ciònon può certo prescindere da obiettivi e scenari economici, ma nella misura piùampia possibile dovrebbe essere gestito nel rispetto e nella condivisione dei be-nefici all’interno delle
comunità. In tutto
il mondo sono
infatti gli agricoltoriche
generazioni
saggezza le
hannocreato la diversità delle piante coltivate, trasmettendoci un patrimonio in largaparte ancora sconosciuto. 73Di chi sono i semi delle piante coltivate?Tab. 3. Accessioni di specie erbacee presenti nella Banca del germoplasma autoctono vegetale(BaGAV), istituita
n. 11/2002
della Regione
Friuli Venezia Giulia (aggiornamento:giugno 2007).(1)
(8)Genere Specie
sottospecie Nome Accessioni Materiali
Caratterzz. tipo di o varietà registrate da registrare fenotipica
conservazioneAllium ascalonicum scalogno 1 cellaAllium cepa cipolla 1 cellaAllium sativum aglio 4 completa on farmAllium schoenoprasum erba cipollina 1 cellaBeta vulgaris bieta
1 cellaBrassica oleracea v. bullata cavolo verza 1 cellaBrassica oleracea v. botrytis cavolo broccolo 1 cellaBrassica rapa
1 cellaBrassica rapa
sylvestris rapa silvestre 1 celaChenopodium album farinaccio 1 celaChenopodium bonus-henricus buon enrico 1 cellaCichorium intybus radicchio 2 cellaGlycine max soia 1 cellaHelianthus annuus girasole 2 cellaHelianthus tuberosus topinambur 16 completa on farmMedicago sativa medica 1 cellaPhaseolus vulgaris fagiolo comune 93 14 completa
cellaPhaseolus coccineus fagiolo coccineus 5 completa cellaPetroselinum hortense prezzemolo 1 cellaPisum sativum pisello 1 cellaPolygonum fagopyrum grano saraceno 1 celalSolanum tuberosum patata 5 on farmLycopersicon esculentum pomodoro 1 on farmSorghum vulgare v. technicum saggina 3 cellaTriticum aestivum grano tenero 1 cellaZea mays mais 44 in corso cella
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nel secondo
dopoguerra, assieme
al notevole
incremento dellaproduttività, ha comportato
genetica, ovvero <<la
riduzione permanente nel
numero,nell’uniformità e nella distinguibilità di alleli o combinazioni di alleli, d’importanza effettiva opotenziale, in un’area geografica definita>>. Descritti brevemente
strategie per conservare le risorse genetiche vegetali indivi-duati a partire dagli anni ‘20 (conservazione nelle Banche del germoplasma o ex situ) fino aglianni ‘80 (conservazione in situ all’interno di ecosistemi naturali, ovvero di interi agro-ecosiste-mi on farm), si considerano i principali nodi che hanno agitato i dibattiti in campo mondiale,con riferimento alla contrapposizione tra i diritti dei costitutori vegetali (Plant Breeders’ Rights)e quelli degli agricoltori (Farmers’Rights). A livello internazionale, negli ultimi quindici anni sisono siglati alcuni importanti accordi e convenzioni rispetto alla biodiversità ed alle risorse ge-netiche vegetali, a partire dalla Convenzione per la Diversità Biologica (Rio, 1992), fino al Trat-tato internazionale
sulle Risorse Genetiche
per l’Alimentazione
e l’Agricoltura
(Roma,2001). Poter acquistare sui mercati
la semente di varietà
tradizionali
o da conservazione (lan-draces), piuttosto che doverla reperire attraverso scambi informali, si ritiene strumento parti-colarmente utile a favorire la conservazione delle landraces mediante la loro coltivazione ed uti-75Di chi sono i semi delle piante coltivate?
lizzazione, con potenziali
sulla sostenibilità dell’agricoltura e dell’economialocale. In Italia sembra finalmente prossima l’emanazione di un decreto ministeriale che isti-tuisce
il Registro
nazionale delle varietà
da conservazione, già previsto
6 aprile2007, n. 46. ZUSAMMENFASSUNGWem geh?ren die Samen der von uns angebauten Pflanzen? Systeme, politische
Richtlinien und
der Bewirtschaftung
der pflanzengenetische
Res-sourcen Die Biodiversit?t ist heute auch ausserhalb der wissenschaftlichen Kreisen ein sehr popul?rerBegriff geworden. Agronome und Genetiker interessieren sich vor allem für die Aspekte desAgrarerbgutes für
Ern?hrung und
Landwirtschaft, die
Pflanzenwelt
die ange-bauten Pflanzenarten, ihre wilden Vorl?ufer und die in den Agro?kosystemen typisch vorhan-denen Adventivarten einschliessen.
Intensivierung/Verst?rkung
der Landwirtschaft nachdem zweiten Weltkrieg – zusammen mit der betrachtlichen Zunahme der Produktivit?t – hatzu einer genetischen Erosion geführt,
zu einer <<st?ndigen/fortwirkenden Reduktion derAnzahl, der Gleichm?ssigkeit, der Erkennbarkeit von Allelen oder Allelenkombinationen, voneffektiver oder potentieller Wichtigkeit, in einem bestimmten geographischen Gebiet>>.Nach einer kurzen Beschreibung der Kriterien und der Strategien, die von den 20er Jahren (Er-haltung in den
oder ex situ)
bis zu den
Jahren (Erhaltung in
situ in einemnatürlichen ?kosystem, bzw. in ganzen Agro?kosystemen on farm) für die Erhaltung des Pflan-zenerbgutes entwickelt worden
sind, behandeln wir
Hauptthemen, die
Diskussionenweltweit belebt/angeregt haben, mit Betreff auf die Gegenüberstellung zwischen den Rechtender Pflanzenzüchter (Plant Breeders’ Rights) und denen
der Landwirte (Farmers’Rights). Wasdie Biodiversit?t und das Pflanzenerbgut betrifft, wurden auf internationaler Ebene in den letz-ten 15 Jahren einige wichtige Abkommen und ?bereinkünfte/ Konventionen unterschrieben,von der Konvention über die Biodiversit?t (Rio, 1992) bis zum Internationalen FAO-Abkom-men über die pflanzengenetische Ressourcen für die Ern?hrung und die Landwirtschaft (Rom,2001).Die M?glichkeit, das Saatgut von traditionellen oder zur Erhaltung bestimmten Sorten (land-races) auf den
M?rkten kaufen zu
k?nnen/dürfen, statt es
informellen Tauschauffindig machen zu müssen, betrachten wir als eine ?usserst wichtige Massnahme, um die Er-haltung der landraces durch ihren Anbau und Nutzung zu f?rdern, was auch potentielle posi-tive
Nachhaltigkeit der
lokalen Landwirtschaft
?konomie ausübenkann.In Italien steht es endlich der Erlass einer Ministerialverordnung bevor, die das Nationalver-zeichnis der zu erhaltenden Pflanzensorten (schon vom Gesetz Nr. 46 vom 06.04.2007 vorge-sehen) gründet/einführt.Fabiano Miceli76
Book · Jan 2007 · Man+1 more author...ABSTRACT: A strategy is suggested for in situ conservation of crop genetic resources whereby conservation efforts are linked to rural
development projects in Third World countries. We describe development projects that emphasize preservation of traditional
farming systems and succeed in sustaining production by relying on the maintenance of biological and genetic diversity in
these systems. Basing agricultural development efforts on indigenous knowledge, technology, and social organization can provide
important guidelines for the design of cropping systems that allow lowincome farmers to produce subsistence and cash crops
without dependence on external inputs and seed supplies. By incorporating landraces and wild relatives of crops into these
cropping systems, major achievements in the conservation of crop genetic resources can be obtained.Article · Jan 1987
Full-text · Article · Jan 2005 · ManArticle · Dec 1971 Article · Jan 2005 · Man+1 more author...Law and policy of relevance to the management of plant genetic resources. Learning module with review of regional policy instruments , development and trends. Fowler C Fran?a Z. .ArticleMay 2013+2 more authors…Hanif KhanArticleDecember 2014ArticleJanuary 2006ChapterMay 2015Data provided are for informational purposes only. Although carefully collected, accuracy cannot be guaranteed. Publisher conditions are provided by RoMEO. Differing provisions from the publisher&#x27;s actual policy or licence agreement may be applicable.This publication is from a journal that may support self archiving.
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